Editoriale – Il 4 novembre ricorre la festa dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate. La data è riferita alla firma dell’armistizio di Villa Giusti, in cui quest’anno ricorre il centenario. Fu una giornata storica in cui venne sancita la fine delle ostilità relative alla prima guerra mondiale. L’Italia però non poteva sapere che la spada di Damocle dei conflitti bellici ancora avrebbe creato morte e sofferenza. E dunque per poter capire il significato del 4 novembre dovremmo addentrarci in una storia antica che ha delle sequenze sicuramente importanti per determinare una valutazione dei fatti.
Ma al di là di ciò che è stato, oggi a cento anni dalla firma dell’armistizio ci troviamo a festeggiare una Unità Nazionale che di fatto non c’è. E’ tornato lo scontro forte, tra ceti sociali, e anche qualche regola che sicuramente non fa male in una società in cui tutto sembra essere permesso a tutti.
Il popolo non è sovrano, tanto meno è unito, questo è un dato certo. La democrazia degli statisti del pentapartito, la cui linea politica checché se ne dica ebbe comunque ad apportare crescita e benessere, è ormai sepolta negli annali di storia. Oggi abbiamo il populismo giustizialista frutto di una contestazione che è emersa da un popolo stanco di sentire parlare di banalità, di affari megagalattici che passano sopra alla testa di tutti. Il contro sistema italiano ha iniziato il suo percorso, ma non è certo in linea con una unità nazionale Repubblicana, poiché comporta aspetti troppo divisivi. Innanzitutto tra forze politiche, ma poi si cerca di capire ancora una volta questo “Stato”, di cui si abusa tanto nel termine poi realmente chi sia. E come il popolo dovrebbe potersene sentire unito e beneficiato.
Abbiamo poche certezze, anche se un po’ di fiducia in chi mette regole sicuramente c’è, perché servono, non perché dividono. Un popolo evoluto rispetta delle regole, e gli avventisti del settimo giorno con lo scopo di “aprire il mondo” hanno fatto della tolleranza un mercato aperto fino allo sfascio generale.
E’ difficile festeggiare l’Unità che non c’è, a livello pubblico. Poi certo ognuno di noi per senso di appartenenza, per dovere civico deve sentirsi parte della Patria e della sua storia. A prescindere. E forse questo è l’unico modo per sconfiggere l’avanzata di generazioni che vivono di torpore, di operato d’altri che prima o poi inesorabilmente finisce. Quanto alle forze dell’Ordine, seppur con le dovute criticità, rappresentano comunque oggi ancora un riferimento, demandato alla coscienza dei singoli ma che comunque tenta di assicurare un orgoglio di Patria e di tutela per la sicurezza pubblica. Ai posteri le ardue sentenze.
4 novembre 2018