Roma – Il ricordo di quel 1978 evidenzia tutto il lungo lasso di tempo che è trascorso e che da quell’epoca in cui si era adolescenti di acqua ne è veramente passata molta sotto i ponti della nostra vita. Il bianco e nero di una televisione a tasti, con i due, poi tre, canali televisivi della Rai è impresso nella memoria di quanti, forse per la prima volta, ebbero modo di vedere quelle immagini, insolite, dure, crude che mostravano, quasi senza alcun ritegno e privacy il corpo esanime di un uomo potente reso inerme e privato della dignità umana e morale e della sua stessa vita. Una condanna che probabilmente è servita a poco, valutando poi la storia degli anni successivi e la discesa del brigatismo rosso. Lo Stato ferito a morte, che resta scosso, impassibile, determinato, confuso. Ed erano statisti di un tempo come oggi non ce ne sono più. Ci chiediamo, con il senno della fantascienza politica, cosa accadrebbe oggi con i nuovi leader di governo come Angelino Alfano che ha troneggiato spavaldamente a lungo nel Ministero dell’Interno? Epoche diverse, quelle attuali sono social media, e dove in politica tutto è consentito a tutti. Manca la reazione, manca l’azione del popolo che in ragione della stanchezza vota in base ad un click, mandando in quiescenza tutta quella liturgia politica di partiti e di amministratori che nell’ambito della ex Democrazia Cristiana prima, e del pentapartito poi aveva dato le carte, controllando e derimendo comportamenti inadatti ai ruoli istituzionali. A riflettori spenti, l’epoca Moro non è poi così lontana. Le nuove generazioni poco conoscono quegli aspetti che narrati nel film-documentario messo in onda su RaiUno nella sera dell’8 maggio 2018, ha fornito ai conoscitori della storia Moro, molti elementi di valutazione a freddo.
Il ruolo che colpisce è quello degli studenti universitari, e del rapporto instaurato con alcuni di loro in modalità così diretta, confidenziale e protettivo. Aldo Moro senza mai perdere la sua autorevolezza, si presenta nella sua umanità e nella sua professione di docente che considera come una vera e propria missione da compiere e portare avanti. Uno Stato quindi che nel passato immaginiamo più distante rispetto ad oggi, ma in realtà non è affatto così. Probabilmente Moro è stato scelto come capro espiatorio, proprio perchè in quelle epoche fosse il meglio, oggi diremmo il top. E processando chi rappresentava un potere, e giustiziandolo, le Br probabilmente non pensavano che quella storia dovesse finire effettivamente così. L’analisi ci porta a pensare che loro stessi, i brigatisti, dessero per scontato che le richieste presentate allo Stato, in cambio della liberazione dell’ostaggio Moro, fosse accolta, ed in tempi molto più brevi di quella prigionia che ebbe inizio con l’attentato di via Fani a Roma. Un quartiere tranquillo, al quale oggi si accede con una indicazione diretta dalla Tangenziale Est, e che indica questa strada, fino ad allora anonima, destinata poi ad entrare nella storia.
Mario Fani fu un attivista cattolico, al quale venne dedicata questa strada in ragione del suo gesto eroico compiuto nel salvare un bagnante in pericolo sulla spiaggia di Livorno. Il ventiquattrenne, in seguito al gesto eroico venne colpito da una malattia polmonare fulminante che lo portò alla morte prematura. In questa zona residenziale nei pressi della Camilluccia la città di Roma volle ricordarlo intitolandogli una strada che non sarebbe mai balzata alle cronache se non fosse stato per la strage compiuta in questo angolo della città eterna. Sembrano esserci delle analogie tra Aldo Moro e Mario Fani, apparentemente non collegabili dalla storia, ma valutabili da una angolazione diversa, complessa, su un piano che potrebbe non essere stata una semplice casualità. Il cattolicesimo di Moro è in simbiosi con Mario Fani, ed in fondo il sacrificio che ha riguardato il giovane viterbese, è analogo al sacrificio al quale è stato sottoposto Aldo Moro. Ecco nel narrare la storia, con le sue analogie e nelle sue complessità, oggi non troviamo ancora ragione di quanto accaduto. E nei tavoli conviviali di cene romane, ancora oggi menti filosofiche preparate, tentano di analizzare ogni aspetto. Probabilmente mai verranno tratte appieno le conclusioni di un periodo così nero della storia italiana. Uno Stato che “resiste” all’attacco, e che vede diniegare i funerali pubblici dalla famiglia di Aldo Moro, con un chiaro segno di un disappunto che è destinato a perdurare sicuramente per sempre. Molti di quegli statisti dell’epoca non ci sono più, e con le loro coscienze e conoscenze, se ne è andata anche una parte di una verità negata. Quanto ai brigatisti, rei di aver ucciso padri di famiglia ed uno Statista come Aldo Moro, non resta praticamente nulla, se non la possibilità di raccontare quelle epoche combattentistiche acquisendo, ancora oggi qualche vena di notorietà. Ai posteri le ardue sentenze.
13 Maggio 2018
Daniele Imperiale – Direttore di AndradeLab
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