Redazionale – Siamo ormai a pieno titolo nel periodo della stupida ovvietà dei rito augurale. Come nella migliore tradizione del pressappochismo e dei convenevoli di circostanza tutti italiani, il vortice dei bacettini vari in ogni dove sta per travolgerci. Per di più si è vittime di abbracci e baci posti perlopiù da semplici conoscenti che però trovano in questo periodo dell’anno quel sufficiente slancio benevolo che li porta ad abbracciarti e a baciarti, noncuranti del raffreddore di cui sono affetti aggravato in taluni casi anche dal naso semicolante, e con tanto di fazzoletto in mano. E come evitare simili situazioni? A volte è letteralmente impossibile, ed oltre a dover corrispondere un bacio od un abbraccio sgradito ci si becca anche il consueto raffreddore che poi ci accompagna per le festività intere rovinandoci così i pranzi e le cene, poichè col raffreddore i sapori si sentono meno. Ma la banalità sulla vita impazzita nei Natali in tempo di crisi fa da padrona in ogni circostanza. Chi vuole mettersi al riparo da tali insidie non ha scampo, esca il meno possibile, poichè in qualunque supermercato, negozio, piazza o via troverà sempre qualcuno che anche dall’altro capo della strada tende ad avvicinarsi per il bacetto e qualora fosse impossibile ti urla la frase di rito degli auguri a te e famiglia. Una cosa così banale non si regge più in linea con le evoluzioni progressiste del terzo millennio avanzato. Ricordiamoci bene però cosa è il Natale, dove in teoria dovrebbe celebrarsi la nascita di Gesù. E quindi come ha detto il Vescovo di Avezzano mons. Pietro Santoro: semmai auguriamo il Buon Natale di Gesù. Troviamo questo coraggio e probabilmente daremmo un senso compiuto alla frase (Buon Natale… di chi? ) il Natale infatti è di Gesù, quel bambino nella storica culla avvolto in fasce e custodito dall’amore dei suoi genitori e riscaldato dal bue e dall’asino. E’ la Sacra Famiglia. Ecco invece di impazzire a mandare stupide gif a chiunque, o messaggi a “tutta la lista dei contatti”, soffermiamoci a riflettere ed a trasmettere il vero valore del Natale che riguarda per l’appunto la famiglia. Certo, non che gli auguri non si debbano dare, ma anche in questo caso c’è il giusto modo. C’è gente per esempio che in questo periodo ha ben poco da festeggiare, poichè è gravato dalla mancanza di lavoro, da problemi familiari, da lutti e da malattie. E chi suo malgrado si trova in queste condizioni dentro di sè non fa altro che disturbarsi della marea di auguri gratuiti che arrivano da ogni dove e con ogni mezzo. Auguri, auguri a tutti, augurissimi, auguri a te e famiglia, auguri sinceri, se non ci rivediamo intanto auguri, o meglio portami gli auguri a tutti (chi?)… auguri di ogni tipo. Ecco fermiamo la banalità, lasciamo spazio ad un sorriso, ad una stretta di mano ad un aiuto reciproco che sia perdurante e non circoscritto a questi giorni di fine anno. Soffermiamoci, invece a riflettere su questo passaggio, dal vecchio al nuovo anno. Si chiude un capitolo e se ne apre un’altro. Tracciamo i bilanci del nostro operato, facciamo tesoro degli errori per non commetterne altri, e acquisiamo quella giusta esperienza che ci insegni a valutare come, dove e quando mandare gli auguri alla gente. Questo non significa dover diventare orsi, ma solo capire che un gesto augurale va personalizzato e circoscritto in base alle persone, alle situazioni che si vivono. In certi casi, una pacca sulla spalla può essere sufficiente, ma gli auguri più belli sono quelli dell’aiuto concreto, a volte anche con un sorriso o con un messaggio sul telefonino ovviamente personalizzato sentito e non rituale. Una telefonata, anche se breve, è il modo migliore per certificare il pensiero e la vicinanza. Ai posteri le ardue sentenze.