“Andiamo via solo per poter tornare”
Da sempre il termine “partire” è avvolto da un manto di mistero che diviene quasi magia se il desiderio di andare, tramuta da rilevante ad incontenibile. Parlando di partenza, il primo concetto che affiora nella mente di ognuno è il viaggio, spesso associato alla tipica vacanza essenziale per un sempre più cercato benessere psico- fisico, messo a dura prova dalle vite frenetiche nelle quali ci trasciniamo a fatica; eppure il viaggio ha radici molto più profonde, molto meno moderne: la figura di Ulisse è una delle più affascinanti dei poemi omerici e famoso è il suo viaggio colmo di peripezie che lo ritraggono come l’eroe dai mille volti, il guerriero coraggioso, l’uomo astuto mosso dal desiderio di conoscere, che soffre per la lontananza dalla sua terra e della sua famiglia. Carico di pazienza ed ingegno compie il suo viaggio non perdendo mai di vista il suo obiettivo, divenendo metafora per i nostri giorni e fonte di ispirazione di diversi autori. Dante Alighieri colloca l’eroe nel girone infernale di consiglieri fraudolenti; la natura umana, secondo l’Ulisse della Divina Commedia, cerca di soddisfarsi mettendosi alla prova, testando le proprie capacità, le proprie virtù. L’eroe rinuncia così alle gioie del ritorno per amore del sapere. Gabriele D’Annunzio descrive l’eroe come un superuomo ponendolo al centro del viaggio che diviene emblema di libertà; al tempo stesso però si contrappone l’immensa solitudine che avvolge Ulisse quando comprende di essere rimasto solo. Umberto Saba inquadra invece l’eroe come un uomo che, nonostante la sua età, conserva ancora il desiderio di provare emozioni; le innumerevoli difficoltà affrontate sono metafora del nostro complesso viaggio, la Vita, e di come ogni individuo sia chiamato ad affrontarle. Anche Giovanni Pascoli introduce nei suoi scritti il personaggio di Ulisse, il quale mostra ansia del sapere, ben lontano dal l’originale eroe, dovuta dalle domande che egli si pone sull’esistenza; egli infatti crede che sia più opportuno non vivere affatto la vita, piuttosto che conservare esperienza della stessa, consapevole che ad ogni modo tutto verrà inghiottito dalla morte. Così, un tema spesso considerato non tanto pregno di significato si rivela essere la chiave di lettura di molti nostri pensieri; un lungo viaggio utile solo per poter desiderare ardentemente il ritorno. Quanti han voglia di partire, di andare per scoprire il nuovo e il misterioso? e più abbiamo paura più il desiderio diventa incontenibile; eppure nulla è tanto costruttivo, vivo e azione carica di coraggio come il ritorno. Non tutti accettano di averne bisogno, non tutti sanno che per iniziare a viaggiare nuovamente bisogna saper tornare; che tornare non è un errore ma una confessione, che sia segreta o gridata, una consapevolezza, e il raggiungimento di essa non è fallimento ma gloriosa vittoria. Si viaggia per comprendere, si torna perché ciò che di incompreso c’era è stato finalmente svelato; partire conoscendo già il punto di ritorno, che non ci costringe immobili in agonia, ci permette anzi di godere del viaggio tanto atteso con la certezza di un ritorno possibile, di uno smarrimento che non si può verificare; perché saper dove poter tornare ci rende liberi. Il segreto è uno: bisogna saper tornare; con stile, grinta, forza, coraggio, amore, apprezzando il punto fermo, l’unico, quello che costruiamo noi stessi e che quindi non può essere altro che voluto, desiderato così come il viaggio stesso. Bisogna fare in modo che il ritorno sia qualcosa di grandioso, perché è la celebrazione di una scoperta, di una consapevolezza, di un arricchimento. E perché no, tornare per non aver più bisogno, o almeno per un po’, di partire nuovamente; spesso i migliori viaggi avvengono negli stessi luoghi che consideriamo sempre e solo punti di ritorno e mai anche di partenza. Ed è vero, a volte fa solo tanta paura affermarlo: andiamo via solo per poter tornare!
(Morena De Luca)