Il maxiincendio avvenuto nello stabilimento di Pomezia, la coltre fumosa densa e nera, le evacuazioni delle abitazioni nella zona interessata dal propagarsi dei fumi riportano all’attenzione l’allarme diossina. Rischi di contaminazione, prevenzione per una sostanza che è altamente pericolosa per la salute dell’uomo. Con questo approfondimento vogliamo analizzarne nei dettagli le caratteristiche per completezza di informazione.
Le diossine sono sostanze che vengono immesse nell’ambiente da diverse sorgenti ed hanno una struttura chimica stabile e una considerevole vita media. “Le diossine possono determinare un inquinamento cronico, pressoché ubiquitario e possono dar luogo a eventi che, con una nuova accezione del termine, potremmo definire ‘emergenze ambientali‘. E’ quanto si legge sulla pubblicazione ‘Diossine, Furani e PCB’ sul sito del Ministero della Salute. Le diossine sono semivolatili, oltre che estremamente resistenti alla degradazione chimica e biologica. Pur essendo scarsamente idrosolubili, trovano nell’acqua un’ottima via di diffusione una volta assorbite sulle particelle minerali e organiche presenti in sospensione. Le caratteristiche chimico-fisiche de quo, fanno diventare tali sostanze facilmente trasportabili dalle correnti atmosferiche, e, in misura minore, dai fiumi e dalle correnti marine, rendendo così possibile la contaminazione di luoghi lontani dalle sorgenti di emissione. A causa della loro presenza ubiquitaria nell’ambiente, persistenza e liposolubilità, le diossine tendono nel tempo ad accumularsi negli organismi viventi, nei tessuti e organi dell’uomo e degli animali. Inoltre, salendo nella catena trofica (alimentare), la concentrazione di tali sostanze può aumentare, arrivando a esporre a rischio maggiore il vertice di detta catena.
Queste sostanze non vengono prodotte intenzionalmente in quanto “non presentano alcuna condizione di utilizzo pratico, ma sono sottoprodotti indesiderati di una serie di processi chimici e/o di combustione“. Si originano dai processi chimici di sintesi relativi ai composti clorurati e dai processi di combustione non controllata che coinvolgono vari prodotti quali: materie plastiche, termoplastiche, termoindurenti, oltre a reflui e rifiuti contenenti composti clorurati. Si può entrare in contatto con le diossine tramite tre fonti di esposizione: accidentale, occupazionale e ambientale. La prima riguarda contaminazioni dovute a incidenti, mentre la seconda riguarda gruppi ristretti di popolazione, professionalmente esposti, come nel caso di coloro che lavorano nella produzione di pesticidi o determinati prodotti chimici. L’esposizione ambientale, infine, può interessare ampie fasce della popolazione e può avvenire, per lo più, attraverso l’alimentazione con cibo contaminato, anche se vi possono essere altre vie di esposizione quali l’inalazione di polvere o il contatto.
L’uomo, in quanto vertice della catena trofica, risulta esposto alle conseguenze derivanti dalla presenza di diossine nell’ambiente anche a concentrazioni basse o addirittura bassissime. Studi condotti su animali e sull’uomo evidenziano le alterazioni a carico del sistema immunitario, indotte da diossine anche a dosi molto limitate. Tali alterazioni consistono nella riduzione e nel danneggiamento della popolazione dei linfociti (cellule che svolgono una funzione importante nelle difese dell’organismo e altri microrganismi infettivi). Altri studi evidenziano come l’azione delle diossine può essere particolarmente dannosa durante lo sviluppo fetale, al momento cioè della differenziazione tissutale del sistema immunitario, determinando alterazioni a lungo termine, sia in senso immunodepressivo che ipersensibilizzante. Altri importanti effetti delle diossine si riscontrano a livello del sistema endocrino; tali contaminanti vengono infatti classificati tra i modulatori endocrini, termine che indica “un agente esogeno che interferisce con produzione, rilascio, trasporto, metabolizzazione, legame, azione o eliminazione di ormoni naturali del corpo, responsabili del mantenimento dell’omeostasi (situazione che consente di mante- nere in uno stato di equilibrio biochimico dinamico le condizioni di vita dell’ambiente interno del nostro organismo) e della regolazione dei processi riproduttivi e di sviluppo” . Nei feti esposti a concentrazioni di diossine pari o lievemente superiori ai valori di base durante la fase gestazionale sono stati riscontrati effetti sullo sviluppo del sistema nervoso e sulla neurobiologia del comportamento, oltre che effetti sull’equilibrio ormonale della tiroide.
Oltre al bioaccumulo sono stati osservati effetti tossici, sia cronici che acuti, che consistono generalmente in una riduzione della fertilità, disturbi della crescita, immunotossicità e cancerogenità in esemplari della fauna selvatica, esposti alle diossine nel proprio ambiente. Tuttavia, fuori del laboratorio, si precisa nella pubblicazione, è spesso impossibile dimostrare chiaramente un rapporto causa/effetto tra l’esposizione alle diossine e i fenomeni osservati. La tetracloro-dibenzo-diossina (TCDD) è stata riconosciuta quale agente cancerogeno per l’uomo (classificata gruppo 1) dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro. La sostanza può determinare effetti, anche in tempi ritardati rispetto all’esposizione, sul sistema car- diovascolare, sul tratto gastrointestinale, sul fegato, sul sistema nervoso e sul sistema endocrino. Contatti ripetuti o prolungati con la cute possono anche causare dermatiti.