La storia dell’olio si perde nella notte dei tempi: dalla colomba che torna sull’arca di Noè con un fresco ramoscello d’olivo, alla fondazione di Atene sulla cui Acropoli spunta un olivo perennemente carico di frutti, e poi i riferimenti sulla sacralità di quest’albero nella Bibbia, in Omero, negli scrittori latini. L’olio è presente nei riti offertori e purificatori, è offerto ai santi e ai defunti, è lucente sul corpo degli atleti nel mondo greco-romano, rappresenta in tutte le culture l’alleanza tra Dio e gli uomini e il suo carico di simboli religiosi è ancora vivo nelle tradizioni popolari abruzzesi.
La coltivazione dell’ulivo era assai praticata sin dall’antichità in Abruzzo, anche in zone come il Fucino: Virgilio ne attesta la presenza nella Marsica, mentre Ovidio ne documenta la produzione nella Valle Peligna, la sua coltivazione più rigogliosa spetta alla zona vestina e a Penne chiamata da Silio Italico “Pinnam Virentem”, la verdeggiante per la ricchezza degli olivi.
Nelle tradizioni folcloristiche abruzzesi l’olio e l’ulivo hanno un posto di notevole importanza. La presenza dell’olio in molte pratiche magico-religiose è ampiamente documentata. Le foglie di olivo vengono usate anche nei sortilegi: nella composizione del “breve”, il sacchettino confezionato dalla magare a scopo protettivo dagli influssi malefici. Inoltre, è credenza che le foglie di olivo, bruciate, tengano lontano il malocchio. È segno di grave e futura disgrazia rovesciare l’olio a terra e spargerlo.
A Bomba, ogni anno, l’ultima domenica di maggio, festa del santo patrono, viene benedetto l’olio di San Mauro con cui i pellegrini e i devoti provenienti da tutto il chietino fanno strofinazioni alle gambe, ai polsi, alle orecchie, alla testa e le bottigliette che acquistano vengono usate contro ogni dolore tutto l’anno. Il 3 febbraio, in onore di S. Biagio, migliaia di devoti ricevono la unzione rituale contro le malattie della gola. A Civitarenga, nella piana di Navelli, il culto della Madonna dell’Arco nasce da un miracolo dell’olio di una lampada che non si consumava e che guarì un viandante da un terribile male. A Pescasseroli, l’8 settembre pellegrini si recano al santuario della Madonna Incoronata per ungersi con l’olio della lampada votiva e molti devoti ne riportano a casa un poco per ungere i malati che non hanno potuto partecipare al pellegrinaggio, a Furci (Chieti), i devoti si massaggiano gli arti con l’olio santo del Beato Angelo, ritenuto miracoloso per le otiti.
A Fara S. Martino contro il mal di testa si fanno bollire per 15 minuti alcune foglie di olivo per farne un decotto che va bevuto. Molte piante medicinali vanno sminuzzate e amalgamate con olio di oliva per ricavarne unguenti e pomate. Prima dell’avvento degli antibiotici era comune ricorrere all’olio per la cura del dolore alla gola e alle vie respiratorie. Nella medicina popolare, le foglie di olivo sono considerate ipotensive, vasodilatatrici delle coronarie, diuretiche da assumere in decotti. Pane e olio elementi base, fondamentali dell’alimentazione tradizionale, sono oggi sapientemente riscoperti dalla dieta mediterranea e serviti su ogni tavola con le classiche “bruschette”.Segno di benessere, di ricchezza era il possesso dell’olio, la scorta per l’inverno, rimasta ancora oggi, in molte famiglie la “provvista” per la cattiva stagione. La raccolta delle olive rappresenta sicuramente un momento importante del calendario agricolo: dai gesti antichi con cui esse si colgono ai canti che accompagnano l’operazione. L’olio è simbolo della luce nella tradizione popolare e l’albero e i suoi frutti si presentano con un carico di significati e di valori presenti in molte leggende, come quella secondo cui avrebbe protetto la Madonna col bambino, giunti in Abruzzo per sfuggire ai giudei, a nascondersi fra i rami di un ulivo che poi si trasformarono in capanna. L’ulivo è il più prezioso degli alberi perché nulla di esso va perduto: è segno di pace dai tempi di Noè e in Abruzzo veniva scambiato tra gli sposi e le famiglie per rinsaldare i vincoli dell’amicizia. L’ulivo ha visto il trionfo di Gesù a Gerusalemme e la sua agonia nell’orto, la sua morte sulla croce che, sembra fosse fatta del suo legno, un rametto di ulivo benedetto viene messo in capo al letto per avere la buona notte, l’ulivo della domenica delle Palme è conservato per scongiurare la tempesta che minaccia il raccolto, è cenere di ulivo quella che viene messa sulla testa il mercoledì delle Ceneri oppure sparsa nei campi per tenere lontano i malefici, è legno di ulivo il “tecchio” che la notte di Natale si mette a bruciare nel focolare con dodici pezzetti più piccoli a ricordare Gesù e i dodici Apostoli.
( a cura di Ivan Cicchetti)