Non è solo caffè nero bollente
di Antonio Agosta (Redazione Sicilia)
Qualche sera fa mi trovavo dalle parti di Campo Dè Fiori, a pochi passi di piazza Farnesi a Roma, con l’intenzione di sorseggiare un buon caffè in pieno relax in un vecchio bar di quartiere posizionato in una zona centrale della città, Caffè Perù. Il bar, a tutt’oggi, è uno spazio di ritrovo per molta gente del mondo dello spettacolo, grazie alla sua sala da tea che mette tutti a proprio agio.
Entrando nel locale, luogo da me sconosciuto, improvvisamente mi ritrovai catapultato in un caffè alternativo dal retrogusto antico e dall’atmosfera latineggiante con una gestione familiare, la classica bottega dove compri il latte e i biscotti per la colazione del giorno dopo, come accadeva negli anni ’60.
Entrai quasi per caso, e quasi per caso fui risucchiato da un vortice armonioso imposto da quell’ambiente dal respiro artistico e dall’arredamento per nulla casuale. Tutto era un’opera d’arte, dalle piastrelle povere in terracotta smaltate e dipinte, dal caffè arabesco dal gusto forte al cesso d’autore dipinto con pennellate nere grossolane, oltre alle musiche melodiose in stile spagnoleggianti.
Mi accomodai su una sedia di legno massiccio recuperata da qualche cantina della zona, forse la classica seggiola della nonna con la seduta in paglia, e senza che me ne accorgessi rimasi stordito dal gioco d’incroci delle vecchie travi di legno situate sul soffitto.
I banconisti, specializzati nel servizio di caffetteria, sembravano personaggi fuggiti da un tempo non molto lontano per raggiungere quello attuale. E dalla loro simpatia e disponibilità credevi di aver ritrovato la tua adolescenza scaduta da molto tempo, quando tutto sembrava più facile e la maturità era qualcosa scritta su un documento da portare nel taschino.
Oggi tutto è cambiato, o quasi nulla, come la facciata del caffè rimasta tale e quale all’originale, nella tradizione dei bar romani di quartiere che accolgono la gente che arriva dai paesi lontani.