Come il lungo viaggio della speranza
di Antonio Agosta (Redazione Sicilia)
Mi trovo sul treno che mi porta a Firenze, ospite d’onore al matrimonio di un mio carissimo amico, Luca, conosciuto durante il periodo dell’università. Adesso siamo uomini dentro dei camici bianchi, medici della mutua, parafrasando un vecchio film con Alberto Sordi. Scruto il paesaggio dal finestrino del treno, cambia asseconda del territorio e della storia millenaria del luogo. Da lontano s’intravede un vecchio castello in stile medievale, lo stesso delle fiabe raccontate ai bambini per allontanare mostri e streghe dai loro sogni. Poi, improvvisamente, una fitta vegetazione ricopre la mia vista. Chissà? Magari è il luogo in cui vivono gli gnomi e l’orco cattivo? Sorrido. Non ho più l’età per nascondermi dietro a certe storie di fantasia, la realtà è tutta un’altra cosa, vince chi riesce ad alzare la voce sui più deboli. Meglio leggere il giornale che ho acquistato alla stazione, mi riporterà nella dura realtà di tutti i giorni, che non è affatto bella. Leggo un articolo che riporta la grave crisi economica in Grecia. Mi viene in mente la “Repubblica” di Platone, quando, sui banchi di scuola cercavo di capire l’uomo dentro la caverna, lontano da tutti e da tutto. Forse, quell’uomo rappresenta la società di oggi, soffocata dalla volontà di altre persone per interessi politici ed economici che non porterà nulla di buono alla popolazione greca. Purtroppo non ci sarà Socrate a trovare una soluzione pacifica che possa accontentare tutti. La Grecia uscirà dall’euro e trascinerà anche noi italiani inghiottiti da un vortice senza ritorno? Io conservo ancora le banconote italiane con i volti dei personaggi illustri della storia del nostro paese, augurandoci un loro ritorno come risveglio da un lungo sortilegio. Alzo lo sguardo dal mio giornale, la mia attenzione viene catturata dall’uomo che vende panini e bibite. È un omone alto, robusto e sudaticcio. Provo tanta tenerezza nei suoi confronti. Magari è sua moglie che ogni mattina gli prepara i panini per venderli ai passeggeri in viaggio sui treni. Immagino la sua vita per nulla facile e poco soddisfacente. La sera arriva a casa con pochi euro in tasca guadagnati durante le sue ore lavorative, se di lavoro si può parlare, per accontentare i figli desiderosi di vedere una tavola apparecchiata come nelle classiche famiglie degli spot pubblicitari. Così non sarà mai, almeno nel nostro paese. Lo stesso Paese di Dante, Cristoforo Colombo e tanti altri personaggi storici che hanno dato lustro all’Italia. La disoccupazione è alle stelle, e non solo per i giovani, nessuno crede più a un mondo migliore.
Finalmente arrivo alla stazione di Firenze, Santa Maria Novella, sono stanco e affamato. Tra la gente cerco l’omone dei panini del mio treno, ma di lui non ci sono tracce e non saprò mai quale sarà il suo futuro, semmai ne avrà uno scritto nel suo destino. Mi devo accontentare di acquistare un pasto veloce dal marchio a stelle e strisce.Mi siedo su un sedile rivolto con lo sguardo verso l’uscita della stazione, Luca si ricorderà di me, anche solo attraverso una piccola foto del mio profilo di Facebook. La barba brizzolata e l’abbigliamento da uomo che si appresta ad entrare nella terza età, non dovrebbero distogliere i suoi ricordi sbiaditi dal tempo.
Si avvicina una zingara, indossa vestiti a festa, sicuramente donati dalla Caritas, ma oggi non è domenica e neanche una festa da calendario. Si avvicina verso di me con l’intenzione di leggermi la mano. Cerco di allontanarla, non credo alla chiromanzia, ma lei insiste. È una ragazza di vent’anni che cerca soldi per assicurarsi il pasto. Ha fame. Io acconsento alla lettura della mano, ne sono sicuro, mi dirà le solite sciocchezze e poi con una mangiata di euro si accontenterà. Mi devo ricredere. Sembravo un libro aperto. Sulla mia mano ha letto un futuro per nulla felice. Rido. Forse dentro di me vorrei piangere? Apro il portafogli e le porgo cinque euro. La ragazza va via ringraziandomi con un grosso sorriso.
La giornata alla stazione non è ancora finita. Accanto a me prende vita una scena grottesca tra due donne senza fissa dimora, mi riportano in mente il grande Totò nei suoi film storici in bianco e nero. Le due donne litigano per un mozzicone di sigaretta gettato a terra da un passante. Urlano e si strappano i capelli sotto lo sguardo incredulo della gente presente alla scena. Nessuno interviene per dividere le due donne incattivite e desiderose di aspirare l’ultimo fumo da quel mozzicone ancora acceso. Alcuni sorridono per lo spettacolo mortificante, regalo ai tanti turisti arrivati da lontano per ammirare una cultura secolare come quella di Firenze, altri applaudano come se ci trovassimo al circo ad apprezzare i clown vestiti in modo buffo. Io mi alzo infastidito da tale comportamento, più dal pubblico non pagante che dalle due donne appagate dal fumo. Estraggo due sigarette dal pacchetto e le regalo alle due “attrici” per mettere fine a quella sceneggiata gratuita.
Ecco Luca, il mio carissimo amico e futuro sposo, arriva con un sorriso sulle labbra, mi dà una pacca sulla spalla e mi saluta con tanta enfasi. Ci abbracciamo come due amici che si rivedono dopo diversi anni, perché questa è la realtà. Dopo l’università le nostre strade hanno preso un altro percorso di vita. Lui domani si sposa, mentre io aspetto ancora la compagna che mi starà accanto nella mia vecchiaia ormai prossima, previsioni della zingara a parte. Mi avvicino a Luca e gli sussurro nell’orecchio che lo spettacolo è finito, finalmente. Il mio amico mi guarda in modo confuso senza chiedermi il motivo. Magari lo chiederemo alla zingara che mi ha predetto un futuro per nulla roseo.