In “generale i dati sono migliori rispetto a un paio di anni fa, ma per alcuni Paesi è il momento di guardarsi allo specchio. In Italia c’è ancora molto bisogno di riforme”. Ennesima sollecitazione da Bruxelles. Questa volta per voce di Jyrki Katainen, vicepresidente della Commissione europea.
“Il governo – spiega – ne ha approvate alcune che hanno rafforzato la competitività e l’economia. Ma resta tanto lavoro da fare. L’economia italiana è sempre cresciuta a un ritmo più lento rispetto alla media dell’Eurozona. Ci sono debolezze strutturali che non sono state corrette per tempo”.
I dati sull’inflazione dicono che siamo arrivati al 2% e per alcuni è giunto il momento in cui la Bce dovrebbe porre un freno al “quantitative easing”. Katainen non commenta il programma della Bce: “posso solo dire che siamo tutti soddisfatti che l’inflazione stia crescendo al livello auspicato. È indice di una ripresa economica, dunque è una cosa positiva”.
In Italia “la ripresa c’è, la crescita del Pil nel 2016 è la più alta dal 2010”, a sostenerlo è il presidente dell’Istat, Giorgio Alleva, a margine della presentazione del rapporto sulla competitività dei settori produttivi. “Usciamo con una parte del sistema produttivo fuori dalla seconda recessione: lo facciamo sicuramente con l’industria manifatturiera, con differenze nei vari settori, e meno nei servizi. C’è un contributo invece negativo dalle costruzioni e, quest’anno, anche dall’agricoltura”.
L’istat ha reso noto anche che nel quarto trimestre del 2016 il Prodotto interno lordo (Pil), espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2010, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato dello 0,2% rispetto al trimestre precedente e dell’1,0% nei confronti del quarto trimestre del 2015. Nella stima preliminare (diffusa il 14 febbraio) l’istituto aveva rilevato un aumento congiunturale dello 0,2% e una crescita tendenziale dell’1,1%.
Nel 2016 il Pil italiano è cresciuto in volume dello 0,9%, dopo il +0,8% registrato nel 2015. Nonostante la ripresa dell’ultimo biennio, il livello è ancora inferiore di oltre il 7% rispetto al picco d’inizio 2008 (e solo nel 2016 ha superato quello del 2000); in Spagna il recupero è quasi completo mentre Francia e Germania, che già nel 2011 avevano recuperato i livelli pre-crisi, segnano progressi rispettivamente di oltre il 4% e di quasi l’8%.
L’Italia resta un paese complessivamente poco internazionalizzato rispetto alle maggiori economie europee: nel 2015 la quota di Investimenti diretti esteri (Ide) sul Pil (25,9% in uscita e 18,6% in entrata) è meno della metà di quelle di Francia, Germania, Regno Unito e Spagna. E’ quanto emerge dal citato rapporto. C’è però un dato che va considerato: tra il 2008 e il 2014 il numero di addetti delle controllate all’estero nella manifattura è aumentato di 110mila unità (+14,5%), arrivando a quasi 860mila addetti.
Nel 2014, le controllate manifatturiere hanno generato circa 85 miliardi di esportazioni dai paesi nei quali operano. Nel 2016 la performance dei principali settori di punta della specializzazione italiana è stata sostenuta dalla domanda interna, al contrario del 2015 quando a fare da traino era stata la domanda estera.
“Le tendenze macroeconomiche recenti – sottolinea l’Istat nel Rapporto – segnalano da un lato un chiaro recupero di competitività del nostro sistema produttivo, dall’altro un ritmo di crescita ancora modesto, soprattutto nei confronti delle principali economie europee. La ripresa ciclica dell’economia italiana è accompagnata da un aumento dell’export e da un rafforzamento della quota di esportazioni di beni su quelle mondiali. Nella nuova fase di ripresa, però, cambia il contributo della domanda estera netta al Pil, che diviene negativo a causa di un aumento di volumi importati superiore all’incremento di quelli esportati”.
“A livello microeconomico – si legge nel Rapporto Istat – emerge che la selezione provocata dalla lunga fase recessiva – in quattro anni il sistema ha perso oltre 194mila imprese e quasi 800mila addetti – ha avuto conseguenze dirette sulla solidità e la performance del tessuto produttivo italiano”. In questa fase di recupero le esportazioni italiane – aumentate nel 2016 in misura maggiore rispetto a Germania e Francia, soprattutto in volume – sono cresciute più rapidamente della media mondiale. La quota di esportazioni nazionali su quelle mondiali è risalita dal 2,7% del 2013 a quasi il 3,0% dei primi tre trimestri del 2016 (sulla base delle informazioni provvisorie disponibili). Restano comunque ampi i margini di miglioramento della capacità di penetrazione delle imprese sui mercati esteri”.