Oggi è il giorno della memoria. A distanza di ben 71 anni dall’apertura dei cancelli di Auschwitz, il 27 gennaio , resta ancora difficile guardare indietro e raccontare. Soprattutto ai bambini. Le domande senza risposte sono molte, anche per noi adulti. Domande che secondo Gabriel Levi, psichiatra dell’età evolutiva e professore emerito dell’Università di Roma “La Sapienza”, devono restare tali e mostrarsi “tanto inquietanti quanto fiduciose”. «Una persona senza memoria non è una persona. E questo vale già nei primi anni di vita dei bambini, dove si forma la struttura della memoria e i ricordi che daranno il “la” e costituiranno il refrain di tutti quelli successivi. Nel discorso della Shoah, bisogna tener presente anche la memoria collettiva, che è fondante di un gruppo o di una nazione: dal confronto con gli altri ognuno di noi può ravvivarsi, riappacificarsi e diventare creativo per il futuro. Anche nel caso di esperienze differenti, è interessante notare come l’essere umano reagisca al trauma nella stessa identica maniera: da una parte cercando di riprodurlo sempre e dall’altra provando a uscirne fuori e a fare una scommessa sul futuro».Quindi, è possibile parlare degli stermini, anche se è inquientante solo immaginare come l’uomo possa aver trattato un suo simile. Si accapona la pelle, ma va onorata la memoria di quelle sofferenze così atroci che gridano ancora oggi giustizia Divina.