Redazione – Ormai ci siamo, il referendum è alla stretta finale, e gli italiani sono chiamati ad esprimersi sulla riforma della nostra gloriosa Costituzione Italiana. Con il passare delle ore e dei giorni, la politica in generale dà segni di nervosismo e si intensificano per ogni dove le pressioni mirate a condizionare la scelta o verso il si o verso il no. Eppure c’è ancora tanta gente che non ha ben capito, o semplicemente non ha approfondito l’argomento.
Il referendum sulla legge costituzionale Boschi-Renzi è stato possibile perché la riforma è stata approvata in seconda lettura con una maggioranza semplice (e non dei 2/3) ed è stato richiesto, oltre che da quinto dei membri di una Camera, anche da una raccolta di 500 mila firme, promossa dal Comitato per il sì. Il quorum non è stato invece raggiunto dal Comitato per il no.
Di riformare la seconda parte della Costituzione si discute fin dal 1982, quando fu insediata la Bicamerale presieduta da Aldo Bozzi. Altre due Bicamerali – De Mita-Iotti (1992-’94) e D’Alema (1997-’98) avevano completato riforme molto vaste, che però non erano mai giunte in porto. Dopo la riforma del Titolo V, approvata dal centrosinistra nel 2001 (e diventata legge dopo il primo referendum costituzionale), vi è stata quella molto vasta (35 articoli modificati) voluta dal centro destra nel 2005 e poi bocciata nel referendum costituzionale del 2006. L’iniziativa Boschi-Renzi ha fatto seguito alle proposte della Commissione di 33 saggi istituita dal governo Letta che, su preciso incarico del presidente Napolitano, aveva posto come obiettivo primario del governo l’approvazione di una riforma costituzionale. Anziché con una commissione redigente, come prevedeva Letta, Matteo Renzi ha preferito il metodo indicato dall’art. 138, cioè attraverso la doppia approvazione conforme di ciascuna Camera a distanza di almeno tre mesi dal voto precedente. Vedremo ora come si esprimerà il popolo.