E’ stato presentato il 16 novembre l’Atlante dell’Infanzia (a rischio) “Bambini, Supereroi” curato da “Save the Children” e i dati mostrano nel complesso un quadro sconfortante: quasi 1 minore su 3 è a rischio di povertà ed esclusione sociale. Un bambino su 20 non possiede giochi a casa o da usare all’aria aperta. I bambini di 4 famiglie povere su 10 soffrono il freddo d’inverno, più di 1 su 10 non può permettersi di praticare sport o frequentare corsi extrascolastici.
Sono i bambini “senza”: ovvero l’infanzia che dalla nascita conosce la povertà, cresce in condizioni di svantaggio e deprivazione rispetto ai loro coetanei e incontra barriere e ostacoli che li separano da opportunità educative e formative. Quest’anno, per la prima volta, l’Atlante è pubblicato da Treccani e sarà disponibile nelle librerie italiane da inizio dicembre 2016. “Un viaggio nell’Italia dei bambini e con i bambini per portare alla luce la dura realtà dell’infanzia a rischio ma che, allo stesso tempo, valorizza le risorse e le capacità di resilienza dei minori, veri e propri “Superpoteri” per resistere a situazioni di precarietà e superare condizioni di vita difficili”. L’Atlante conta 48 originali mappe comprese tra le 43 tavole e le 280 pagine di analisi e dati geolocalizzati, a cura di Giulio Cederna, corredato dagli scatti di Riccardo Venturi e realizzato nell’ambito della campagna “Illuminiamo il futuro”, avviata da Save the Children con l’obiettivo di contribuire a debellare la povertà educativa in Italia entro il 2030.
Guardando più nel dettaglio la situazione si scopre che più di 1 minore su 4 abita in appartamenti umidi, mentre l’abitazione di oltre 1 bambino su 10 che vive in famiglie a basso reddito non è sufficientemente luminosa. Non solo: la percentuale di giovani tra i 18 e i 24 anni che abbandonano precocemente gli studi, fermandosi alla licenza media, tocca il 14,7%, mentre 1 alunno di 15 anni su 4 non raggiunge le competenze minime in matematica e 1 su 5 in lettura. 6 bambini e ragazzi su 10 i cui genitori hanno un titolo di studio basso sono a rischio di povertà ed esclusione sociale.
I minori (bambini e ragazzi sotto i 15 anni) nelle aree ad alta pericolosità sismica sono 5,5 milioni. Si tratta di un territorio che copre circa il70%delle province italiane, che comprende 45 città sopra i 50.000 abitanti che ospitano 900.000 minorenni sotto i 15 anni. Una realtà che emerge dalla mappa del “Pericolo sismico”, elaborata per Save the Children dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che associa i dati demografici relativi alla popolazione di 0-14 anni per provincia alle aree considerate ad alta pericolosità dove ci sono città come Messina, Catania, Siracusa, Reggio Calabria, Cosenza, Potenza, Benevento, Campobasso, Perugia, Forlì e Verona.
Tra il 2005 e il 2015 triplicata l’incidenza sulle famiglie con almeno un minore. La povertà assoluta e’ diffusa soprattutto nel Mezzogiorno, dove colpisce piu’ di una famiglia con bambini su 10. La povertà minaccia quindi il presente e il futuro di almeno un milione e 130 mila bambini e ragazzi. Tanti sono infatti quelli che vivono in poverta’ assoluta, una condizione che tra il 2005 e il 2015 ha visto triplicare la sua incidenza sulle famiglie con almeno un minore, passando dal 2,8% al 9,3%. La povertà assoluta, come si è detto, è diffusa soprattutto nel Mezzogiorno, dove colpisce più di una famiglia con bambini su 10 (10,9% contro l’8,6% di famiglie in povertà assoluta al Nord), mentre nelle regioni settentrionali questa condizione investe in modo particolare le famiglie immigrate, che rappresentano il 41% delle famiglie in povertà assoluta al Nord. Il nostro paese, inoltre, presenta livelli di povertà minorili superiori alla media europea: quasi1 minore di 17 anni su tre (32,1%)e’ a rischio di povertà ed esclusione sociale in Italia, ben 4 punti e mezzo sopra la media europea (27,7%). Olanda e Germania, grazie a un sistema di welfare efficace, riescono ad esempio a contenere tale rischio sotto la soglia del 20%.
“L’Italia, – ricordano gli osservatori di Save the children – secondo gli ultimi dati Eurostat sulla spesa sociale in Europa per il 2013, destina una quota di spesa sociale a infanzia e famiglie pari alla metà della media europea (4,1% rispetto all’8,5%), mentre i fondi destinati a superare l’esclusione sociale sono pari appena allo 0,7%, contro una media europea dell’1,9%”. Alla “Efficacia del welfare” il rapporto dedica una mappa che mette in evidenza come gli interventi di welfare messi in campo dal nostro Paese per il 2014 “siano riusciti a ridurre il rischio di povertà per i minori di 18 anni di soli 10 punti percentuali (dal 35% al 25%)”. “
“Perché gli investimenti pubblici e privati si rivelino efficaci e facciano realmente la differenza è fondamentale che il loro utilizzo venga inserito in un quadro strategico, senza sovrapposizioni, interventi spot, sprechi e compartimenti stagni con una reale attenzione alla valutazione di impatto – spiega Raffaela Milano, Direttore dei Programmi Italia-Europa di Save the Children -. Speriamo che il fondo per il contrasto alla povertà educativa, recentemente attivato dalle fondazioni di origine bancaria, dal governo, con il coinvolgimento del terzo settore e delle scuole, possa essere una occasione concreta per ripensare e dare slancio a tutte le politiche per l’infanzia e l’adolescenza”.
Le poverta’ economiche ed educative dei genitori possono lasciare il segno sulla vita dei bambini anche al momento della nascita. Tra le donne senza alcun titolo di studio o con solo la scuola elementare, la quota di chi non effettua visite di controllo durante la gravidanza (5,4%) o di chi lo fa solo dopo la dodicesima settimana (11,2%) e’ 3-4 volte superiore rispetto a quella delle madri con livelli di istruzione elevati (1,8% e 2,6%). Nonostante la mortalità infantile in Italia si sia drasticamente ridotta nel corso tempo, raggiungendo oggi un tasso medio nazionale di 3,2 decessi entro il primo anno di vita per 1.000 nati vivi, permangono importanti differenze territoriali, con il Trentino Alto Adige (3,3 su 1.000) ed alcune regioni del Sud e del Centro (Sicilia, Calabria, Campania e Abruzzo oltre 4 su 1.000) che superano la media nazionale.