Una ricorrenza che si lega alla complessa ritualità del culto dei morti, culto ancora oggi presente nel nostro Paese.
Quando Halloween può voler dire una riscoperta delle tradizioni.
di Myriam Fioravanti
All Hallow’s Eve, letteralmente Vigilia di tutti i Santi, poi contratto in Hallows’ Even e infine in Halloween: questa l’etimologia della festa piu controversa dell’anno, un Carnevale fuori stagione dagli indubbi risvolti commerciali, grazie anche ad abili politiche di merchandising, proveniente dagli Stati Uniti e guardata con sospetto e scetticismo da chi non ritiene faccia parte della nostra cultura.
Sorvolando sul perché non possa comunque farne parte, mentre la Coca Cola, Mc Donalds’ e l’Iphone invece sì, non tutti sanno che le origini di Halloween non sono americane ma europee: la comunità irlandese, migrata nel Nuovo Mondo in seguito alla terribile carestia che colpì l’isola nel 1845, portò con sé la tradizione di festeggiare la vigilia di Ognissanti, una tradizione che aveva le sue radici profonde nelle celebrazioni sacre del Samhain, l’antica festa degli spiriti, quando l’Irlanda, ma anche la Francia, l’attuale Gran Bretagna e buona parte dell’Italia Settentrionale, erano dominate dai Celti.
Samhain, dal gaelico Samhuinn, ossia Summer’s End, fine dell’estate, insieme a Beltaine, Imbolc e Lugnasad, era una delle quattro festività del calendario celtico che concepiva il tempo al pari di un cerchio, in cui le stagioni si susseguivano l’un l’altra, in un ciclo eterno.
Samhain rappresentava la morte dell’anno, l’inizio della stagione oscura, il tempo invernale, la fine del raccolto e dei pascoli per le greggi, il passaggio dalla luce al buio ma anche la transizione dalla realtà al soprannaturale: nell’ultima notte tra ottobre e novembre le porte del annwn (il regno degli spiriti) e del sidhe (il regno delle fate) si aprivano, permettendo ai morti di tornare nel mondo dei vivi per prendersi cura del nuovo ciclo di raccolti seminato in ottobre.
Durante le celebrazioni i Druidi accendevano falò sacri purificatori, si travestivano con le pelli degli animali uccisi nei sacrifici per spaventare i malvagi tra gli spiriti, mentre nelle case si lasciavano piccole offerte di cibo sulla soglia affinché le anime potessero sfamarsi.
I Celti non temevano la morte, considerandola parte della vita, nell’ottica di dualismo cosmico che li contraddistingueva: nella mitologia celtica molti dei piu importanti eventi avvengono simbolicamente proprio in questo giorno in cui bene e male si contrappongono, come la morte dell’eroe Cu Chulainn per aver trasgredito a un divieto, o la sconfitta dei Fomori, le forze del caos, ad opera dei Tuatha Dè Dànann, i figli della Dea.
Nel I secolo i Romani sottomisero i territori celtici e scoprirono che le celebrazioni del Samhain non erano molto dissimili dalle loro festività del raccolto, Pomonalia, che avevano luogo il 1° novembre, e dai loro riti per esorcizzare gli spiriti dei defunti, Lemuralia.
I culti finirono per unificarsi, e quando la Roma cattolica iniziò la conversione dei pagani, ci si rese ben presto conto che il vecchio credo sarebbe difficilmente stato sradicato. Per questo motivo la Chiesa operò una cristianizzazione degli antichi riti celtici sia spostando da maggio al 1° novembre la festa di Ognissanti, che celebrava i primi martiri, sia istituendo, per il giorno successivo, la “celebrazione dei defunti”, introdotta da Odilone, Abate di Cluny, nel 998 d.C. e adottata definitivamente dalla Roma papale nel XIV secolo.
Una complessa ritualità del culto dei morti dunque, presente anche in Italia quale retaggio delle invasioni celtiche della nostra penisola e della dominazione romana, e che mostra numerose analogie con le celebrazioni del Samhain:
la tradizione piemontese, ad esempio, vuole che si aggiunga a cena un piatto per il defunto che tornava a far visita ai vivi; in molte zone della Lombardia esiste ancora l’usanza di lasciare un vaso pieno d’acqua per dissetare i defunti; in Sicilia i genitori facevano credere ai bambini che se fossero stati bravi avrebbero ricevuto i “doni dai morti” (narrato da Camilleri ne “Il giorno dei morti”) ; a Picco Spaccato, alle spalle di Savona, il due novembre si ritrovano le anime degli uccisi, vestite con lugubri cappe nere; in tutto il Nord e Centro Italia fino a qualche decennio fa era ancora diffusa la pratica di intagliare zucche a forma di teschio, illuminate da candele per metterle a guardia di finestre e porte nella notte tra il 31 ottobre e il primo novembre; a Orsara di Puglia, piccolo centro in provincia di Foggia, nella notte tra l’1 e il 2 di novembre si celebra il fucacost, accendendo dei falò dinanzi alle abitazioni per poter illuminare la strada di casa ai defunti che tornano a trovare i loro cari.
Celebrare Halloween quindi, è una tradizione che si ripete, la riscoperta di un’identità non necessariamente estranea alla nostra cultura.