Roma – La Camera ha approvato il 4 ottobre in via definitiva, con 275 si’, 80 no e 32 astenuti, ha approvato il Ddl di riforma dell’editoria che prevede interventi finanziari e di riforma del settore dell’informazione. Si tratta esattamente del testo unificato delle proposte di legge: “Istituzione del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione e deleghe al Governo per la ridefinizione della disciplina del sostegno pubblico per il settore dell’editoria e dell’emittenza radiofonica e televisiva locale, della disciplina di profili pensionistici dei giornalisti e della composizione e delle competenze del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti. Procedura per l’affidamento in concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale
Il provvedimento introduce diverse novità nel settore.
L’istituzione del fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione risponde da un lato all’esigenza di una migliore attuazione dei principi dell’articolo 21 della Costituzione, in materia di diritti, libertà, indipendenza e pluralismo dell’informazione, dall’altro si promuove l’innovazione dell’offerta informativa e dei processi di distribuzione e di vendita, la capacita’ delle imprese del settore di investire e di acquisire posizioni di mercato sostenibili nel tempo, lo sviluppo di nuove imprese editrici anche nel campo dell’informazione digitale. Il fondo è istituito presso il ministero dell’Economia ed è destinato anche alle radio e tv locali, oltre alle imprese editoriali costituite da cooperative e istituti no profit. Sarà alimentato dalle risorse per il sostegno all’editoria quotidiana e periodica, e per le emittenti locali. E’ inoltre previsto l’uso di una quota, fino a 100 milioni di euro annui per il periodo 2016-2018, delle eventuali maggiori entrate da canone Rai in bolletta.
Il limite massimo delle retribuzioni nella Rai è fissato a 240mila euro all’anno. Il tetto si applica agli amministratori, ai dipendenti e ai consulenti “del soggetto affidatario della concessione del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale”. Il tetto non può essere superato anche qualora l’azienda dovesse emettere dei bond. La norma è stata introdotta al Senato, con un emendamento presentato dal relatore, Roberto Cociancich, e approvato all’unanimita’ a Palazzo Madama, anche alla luce della pubblicazione degli ultimi stipendi dei dirigenti di Viale Mazzini.
La riforma prevede anche una riduzione delle risorse assegnate nel Fondo per l’Editoria alle imprese che danno stipendi superiori a 240mila euro.
Saranno 60 i componenti del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, garantendo la rappresentanza alle minoranze linguistiche. La legge, inoltre, delega il governo ad adottare entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge criteri più stringenti per il ricorso ai prepensionamenti dei giornalisti e a rivedere l’attuale procedura sugli stati di crisi.
I quotidiani online dovranno essere prevalentemente pubblicati sulla rete, regolarmente registrati nella cancelleria di un tribunale, produrre soprattutto informazione, aggiornata quotidianamente ed avere un direttore responsabile iscritto all’Ordine dei giornalisti.
La concessione del servizio pubblico radiotelevisivo durerà dieci anni e si dovrà tenere sempre una consultazione pubblica sugli obblighi di servizio per il rinnovo. Sarà affidata con decreto del presidente del Consiglio su proposta del ministro della Sviluppo economico di concerto con il ministro dell’Economia.
Il testo del ddl delega al governo dovrà la ridefinire l’intera disciplina dei contributi pubblici. L’esecutivo, entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, dovraà ridefinire innanzitutto la platea dei beneficiari: tra questi, oltre alle tv locali, le cooperative giornalistiche e gli enti senza fini di lucro, quotidiani e periodici delle minoranze linguistiche, imprese ed enti che editano periodici per non vedenti o ipovedenti, associazioni di consumatori, imprese editrici di quotidiani e periodici diffusi all’estero. Saranno esclusi invece i giornali di partito e le imprese editrici di quotidiani e periodici che fanno capo a gruppi editoriali quotati o partecipati da società quotate. Ulteriore requisito richiesto sarà l’edizione della testata in formato digitale, anche in parallelo con la carta. L’ammontare del contributo pubblico dipenderà dal numero di copie annue vendute e dagli utenti unici raggiunti, oltre che dal numero di giornalisti assunti. Sono previsti infine dei criteri ‘premiali’ per quelle imprese che assumono a tempo indeterminato gli under 35 e vengono fissati limiti massimi al contributo erogabile. Nella delega c’è anche la parte relativa alle liberalizzazioni: il governo dovrà incentivare gli investimenti nell’innovazione digitale, assegnare finanziamenti a progetti innovativi, liberalizzare la vendita dei prodotti editoriali e gli orari di apertura dei punti vendita, incentivare sul piano fiscale gli investimenti pubblicitari su quotidiani, periodici, radio e tv locali.
La Camera ha approvato anche alcuni ordini del giorno e fra questi uno relativo all’applicazione della legge 150/2000 negli enti pubblici. “A distanza di ormai sedici anni dall’entrata in vigore della legge – si legge nell’ordine del giorno (a firma Verini, Garofani, Zampa, Martino e Anzaldi) – non è stato ancora avviato il confronto con l’organizzazione sindacale rappresentativa dei giornalisti per la regolamentazione dei profili professionali e dei relativi trattamenti dei giornalisti occupati negli uffici stampa degli enti pubblici”. Se ne deduce che “l’applicazione delle norme contenute nella legge n. 150 del 2000 è quindi avvenuta al di fuori di un quadro di regole condivise e di una contrattazione collettiva, con differenze rilevanti tra enti pubblici dello stesso livello, tra enti pubblici di diverso livello, tra territori diversi, anche a parità di prestazioni professionali”. “L’attuazione di questa disposizione legislativa” non è più secondo i firmatari “procrastinabile” e bisogna “mettere in atto, attraverso il Ministero della funzione pubblica, ogni iniziativa che, coinvolgendo i soggetti rappresentativi di regioni, comuni e sistema pubblico allargato, sia atta a sanare in tempi rapidi questa situazione di inadempienza applicativa, di disparità di applicazione a parità di prestazioni professionali svolte da soggetti con le medesime idoneità professionali”.