Ottomila soldati salvarono vite e ricostruirono la città
di Antonio Agosta (Redazione Sicilia)
Già dalle prime ore del 4 novembre 1966, a causa di un’eccezionale ondata di maltempo, con violente e intense precipitazioni ininterrotte, si verificarono una serie di straripamenti del fiume Arno, gonfio di acqua scura e fangosa, travolgendo tutto quello che trovava sul cammino, arrecando gravi danni alla città di Firenze e a gran parte della Toscana, mutando il volto della città che fu di Dante Alighieri, lasciando solo la distruzione al defluire delle acque.
La popolazione non si perse d’animo, e con l’aiuto degli “Angeli del fango”, esercito volontario di giovani e meno giovani provenienti da diverse nazionalità, strapparono dalla fanghiglia il patrimonio artistico e storico, altrimenti destinato al macero, oltre a ripulire dal fango le abitazioni e le attività commerciali. Gli Aiuti arrivarono anche dall’Unione Sovietica, dalla Cecoslovacchia, dall’Ungheria, dalla Croce Rossa tedesca e da associazioni laiche e cattoliche.
“Oggi specialità umide”, “Ribassi incredibili, prezzi in ribasso!”, o, “Vendiamo stoffe irrestringibili, già bagnate”, sono le scritte ironiche esposte sulle vetrine delle trattorie e dei negozi. Alcuni commercianti del luogo, come i cittadini, ad eccezione degli orafi di Ponte Vecchio, non furono avvertiti dall’imminente catastrofe che si stava abbattendo sulla città e sui terreni confinanti, con un’importante conseguenza socio-economica soprattutto per le attività agricole e di allevamento.
Il Governo italiano intervenne finanziariamente a favore dei commercianti disagiati dall’alluvione, erogando una somma di 500 mila lire a fondo perduto, finanziati inserendo un’accisa sul prezzo della benzina di 10 lire, a tutt’oggi ancora in vigore.
Sono passati cinquant’anni dal disastro che inghiottì Firenze dalle acque sporche dallo inondazione dell’Arno, lasciando un ricordo indelebile nelle menti dei fiorentini.