Nettie Stevens nacque a Cavendish, nel Vermont, proprio il 7 luglio 1861 ed è stata una delle prime donne scienziato nell’ ambito delle scienze biologiche. Fin da giovane si fece notare come brillante studente: si laureò in 2 anni invece che in 4. Dopo alcuni anni di insegnamento, riuscì a entrare al Bryn Mawr College, uno dei pochi istituti di ricerca che alla fine dell’800 permetteva alle donne di studiare fino al livello di dottorato.
Fu proprio in questo istituto che, studiando i vermi della farina (Tenebrio molitor), Stevens riuscì a stabilire che lo sperma dei maschi conteneva tutti e due i cromosomi che determinano il sesso, X e Y, mentre le cellule riproduttive delle femmine contenevano solo il cromosoma X.
Era la prova che il sesso di un organismo è determinato dal suo patrimonio genetico. In particolare, nell’uomo è la combinazione di due cromosomi a determinare il sesso: XX per le femmine e XY per i maschi.
Nei primi anni del ‘900 Stevens continuò a studiare una cinquantina di insetti, compreso il moscerino della frutta(Drosophila melanogaster) e a osservare e a descrivere le differenze nei cromosomi dei gameti, correlandoli con le differenze di sesso.
Stevens fu una vittima del maschilismo, pubblicò infatti i risultati delle sue ricerche nel 1905, ma il merito delle sue scoperte non le venne riconosciuto per molti anni. Nettie Stevens divenne così una delle prime scienziate a sperimentare sulla propria pelle il cosiddetto “effetto Matilda*“, ovvero la sistematica sottovalutazione dei risultati scientifici conseguiti dalle donne.
Infatti, nonostante le sue ricerche siano state le prime a essere pubblicate, il merito della scoperta delle basi genetiche della determinazione del sesso viene spesso attribuito a Thomas Hunt Morgan, un genetista molto noto al tempo, che lesse sicuramente gli studi di Stevens perché questa glieli spedì, chiedendogli un parere e ricevendone elogi e complimenti.
Morgan proseguì le ricerche della scienziata sul moscerino della frutta, approfondendo la conoscenza dei cromosomi, e in seguito scrisse uno dei primi manuali di genetica, nel quale si attribuì meriti che erano di Nettie Stevens.
Nel frattempo, la scienziata si ammalò e morì di un cancro al seno nel 1912, a soli 51 anni. Il nome e le ricerche di Nettie Stevens vennero prima ignorate e poi velocemente dimenticate anche per colpa di Morgan e di altri colleghi che liquidarono superficialmente le scoperte della scienziata e la definirono soltanto una “brava tecnica di laboratorio”.
Grazie a questo furto, Morgan vinse il premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina nel 1933.
Oggi cerchiamo di renderle l’onore che merita.
*Con il termine “Effetto Matilda” si definisce la puntuale negazione o la minimizzazione dei risultati scientifici conseguiti dalle donne, i cui studi vengono spesso attribuiti ai loro colleghi uomini, non a causa della scarsa qualità scientifica del loro lavoro, ma per motivi di genere.
La definizione è stata creata negli anni ’90 dalla storica della scienza Margaret W. Rossiter proprio per descrivere il lavoro misconosciuto di molte ricercatrici e contrapposto all’“effetto Matthew”, la fama usurpata di molti scienziati, credibili in quanto uomini. Il nome “Matilda” fa riferimento a Matilda Joslyn Gage, attivista americana per i diritti delle donne che osservò il fenomeno nel XIX secolo.
Gli esempi di “Effetto Matilda” sono numerose: la prima è forse quello subito da Trotula de Ruggiero, una scienziata italiana del XII secolo che scrisse opere di medicina che vennero attribuite ad autori maschili dopo la sua morte.ù
(fonte WEB)